La relazione di Francesco Nucara alla Direzione Nazionale/Garantita l’autonomia del partito

 

Prima di tutto l’interesse del Paese

 

Direzione nazionale Pri, Roma, 4 marzo 2013, relazione del segretario Francesco Nucara

 

Cari amici, ripeto per l’ennesima volta quello che diceva Giovanni Conti: repubblicani sono coloro che sono iscritti al Partito Repubblicano Italiano e, aggiungo io, non si è iscritti se non si rinnova la tessera. Per scrivere la storia di questi ultimi tre mesi di vita repubblicana, o meglio del Partito Repubblicano, si dovrebbe scrivere un vero e proprio tomo. Come ha scritto l’amico Ossorio, vogliamo un partito di tesserati e non di tessere. In questi ultimi tre mesi la caratteristica litigiosità dei repubblicani ha subito una maggiore accentuazione. L’avvicinarsi di una campagna elettorale, in cui era facile prevedere la radicalizzazione, ha acuito il desiderio di frazionismo all’interno del partito, nonché il desiderio di danneggiare lo stesso PRI, a iniziare dal Consiglio Nazionale del 6 luglio e dalla successiva manifestazione sulla Liberal-Democrazia del 7 dello stesso mese. Né minori problemi, anche se posti in maniera chiesastica e senza avere il coraggio di un voto esplicito, si sono manifestati nel Consiglio Nazionale del 30 novembre ultimo scorso. La mozione finale di quella Assemblea così concludeva: “Il Consiglio Nazionale, infine, dà mandato al Segretario e alla Direzione Nazionale di porre in atto tutte le iniziative utili ed opportune per trovare le necessarie convergenze con quelle forze politiche e movimenti che, come il PRI, perseguono l’obiettivo, per la prossima legislatura, della prosecuzione dell’esperienza e del metodo di governo del Senatore Monti”.Anche ai più sprovveduti dovrebbe apparire chiaro l’indirizzo che il PRI si era dato. Non è al contrario apparso chiaro a qualche repubblicano e a tanti pseudo-repubblicani che hanno aderito (ma non sottoscritto, e la differenza è sostanziale, tanto che qualcuno ha smentito…) a un documento che invitava a votare Monti. Quando si arriva ad adottare questo tipo di comportamento, la via verso l’anarchismo più deteriore è tracciata, e il danno prodotto da un documento di repubblicani, che tali non sono, è incalcolabile nei confronti delle residue forze di chi ancora vuole combattere per un ideale e non per un “amico” o un “posto di lavoro”.A qualcuno degli aderenti è stato chiesto di candidarsi nelle liste repubblicane, ma siccome era solo una battaglia di testimonianza, che tuttavia qualche risultato pratico lo avrebbe portato, e quindi non erano previste prebende, si è ottenuto uno spiacevole rifiuto, di cui il Partito è opportuno si ricordi in futuro. E sottolineo il “Partito”, non il sottoscritto, che non ne avrà più l’urgenza. Nel documento approvato dalla Direzione Nazionale del 7 febbraio quindi, a liste elettorali presentate, e con la quasi totale assenza degli pseudo-repubblicani, si affermava tra l’altro: “Conseguentemente dà mandato al Segretario Nazionale di attivare tutte le iniziative politiche finalizzate all’individuazione di un percorso operativo che consenta la concentrazione del voto repubblicano verso la componente in campo che meglio garantisca la prospettiva del superamento del bipolarismo…” Non si è fatto altro, sulla base della suddetta delega, che proseguire la strada indicata dal Consiglio Nazionale del 30 novembre 2012. Non siamo riusciti a parlare con Monti, malgrado avessimo messo in campo tutte le risorse disponibili, comprese conoscenze personali comuni, malgrado l’impegno, almeno così mi è stato riferito, del Senatore Albertini, e malgrado l’impegno dell’amico Del Pennino, che con Monti aveva dimestichezza e frequentazione ai tempi in cui Giovanni Spadolini era Presidente della Bocconi. Chiusa questa parentesi propedeutica al voto del 24-25 febbraio, tengo molto a ringraziare vivamente gli amici Renato Lelli e Gino Calvo e insieme a loro tutti gli amici dell’Emilia Romagna e della Sicilia, che hanno compiuto uno sforzo enorme (in particolare quello degli amici isolani, i quali non hanno un’organizzazione strutturata) per dare visibilità all’Edera. Li ringrazio vivamente con tutto l’affetto, l’amicizia e la riconoscenza di un repubblicano… diciamo alla vecchia maniera! Ringrazio pure, anche se non ho condiviso la loro scelta, gli amici della Calabria e della Campania, che pur avendo raccolto le firme (autenticate) per la presentazione delle liste repubblicane, così come le candidature (anch’esse autenticate e depositate presso la sede nazionale del PRI), per motivi di opportunità politica hanno deciso, in vista delle elezioni del prossimo anno, di non bruciare il patrimonio elettorale di cui queste due regioni ancora dispongono. Nello stesso documento dell’ultima Direzione Nazionale veniva evidenziato come dopo tanti anni il PRI non avrebbe più avuto rappresentanza parlamentare. E’ bene chiarire che la rappresentanza parlamentare, come riconoscimento alla persona, mi è stata offerta con chiarezza e decisione. Ma la mia intenzione era esclusivamente e ineluttabilmente tesa ad una trattativa che garantisse solo e soltanto il PRI, e non la persona. Solo e soltanto per questo motivo ho rifiutato la proposta. Va peraltro sottolineato come, visto il clima che ha contraddistinto il gradimento del mio operato in questi ultimi tempi da parte di una fascia di ex repubblicani (che hanno trovato riferimento tra gli iscritti), sia facilmente prevedibile immaginare quanta approvazione avrebbe avuto una mia eventuale riconferma al seggio! Gli aspetti del clima politico pre-voto che vi ho illustrato hanno indotto la Segreteria a concludere un accordo scritto con l’UDC e a programmare qualche manifestazione in Calabria e in Campania, dove il Presidente e il Segretario di quel partito erano capilista, rispettivamente al Senato e alla Camera dei Deputati. L’accordo sottoscritto dai segretari dell’UDC e del PRI è depositato presso le rispettive sedi nazionali. Dal risultato elettorale possiamo facilmente evincere che il bipolarismo è morto e sepolto. Se Monti e i suoi alleati non sono di fatto, o almeno per il momento, riusciti a creare il terzo polo, ci ha pensato Grillo con un successo elettorale non esattamente previsto e nemmeno facilmente prevedibile. Grillo inizia la sua campagna elettorale nel 2007 con il Vaffa-Day e arriva al successo dopo sei anni. Qualcuno ha preparato il terreno per questo successo; non sarebbero mai bastati i suoi metodi, la sua pur efficace campagna elettorale, le caratteristiche della sua comunicazione, se la borghesia italiana con i suoi riferimenti mediatici non avesse favorito le condizioni per l’anti-politica.Lavoriamo troppo di fantasia se andiamo con la memoria a quelli che furono i prodromi del fascismo?Tempo fa scrissi un editoriale per il nostro giornale dal titolo “La storia e le simpatie dei repubblicani. Giovani significa aborrire il giovanilismo”, prendendo spunto da un libro di Roberto Vivarelli recentemente pubblicato. In quell’editoriale citavo anche un pamphlet del repubblicano Francesco Perri: “Il Fascismo. La battaglia di PAN” (PAN era lo pseudonimo di Perri).Alla domanda “Cos’è il fascismo?”, Perri risponde così: “Forze, uomini, pensiero, atteggiamenti, tutto in esso è ondeggiante, mobilissimo, inconsistente come le forme delle nuvole”.Non vi sembra di intravedere similitudini con questa sconvolgente novità del panorama politico italiano? Si conoscono giovani repubblicani che mostrano simpatia per Grillo e altri, meno giovani, che hanno dimostrato simpatie per altri movimenti che, appena nati, hanno fatto del populismo la loro bandiera.Orbene, il Partito è stato inquinato da questo “anarchismo deteriore”, con l’assunto che chi non condivide le decisioni della Segreteria Nazionale può sentirsi autorizzato a fare ciò che gli pare. L’adesione al PRI è un fatto morale e non strumentale: chi non ne condivide i valori può liberamente andarsene, come liberamente vi ha aderito. Se dovessi raccontare le manifestazioni a cui ho partecipato in quattordici anni, prima da Segretario Organizzativo e poi da Segretario Politico, potrei scrivere pagine piene di amarezze e delusioni, di incontri inutili se non deleteri; come quando a Palermo un generale dei Carabinieri, già deputato del PSDI, attaccò il PRI senza che il Segretario Provinciale, anche membro della Direzione Nazionale, proferisse parola. La cosa si chiuse lì, anche perché alla manifestazione elettorale per l’elezione del Sindaco di Palermo erano presenti in dodici, compresi 5/6 amici che erano venuti da Ragusa. Eravamo più i “parlatori” che gli “ascoltatori”. Cosa può suggerire il Partito Repubblicano, in questo scenario tripolare, dove la forza elettorale delle tre parti è quasi uguale, anche se il premio di maggioranza alla Camera favorisce il PD? Antonio Polito sul “Corriere della Sera” di venerdì 1° marzo, a proposito di Grillo, scrive: “Il suo movimento è nato per spazzare via il sistema dei partiti; perché mai dovrebbe accorrere a salvarlo proprio ora che è morente?” e nelle conclusioni afferma: “Serve dunque una maggioranza che voti la fiducia in entrambe le Camere. Se Grillo si escluderà resteranno solo in tre: il PD, il PDL e Monti. La soluzione si trova lì o non si trova”.E’ vero che siamo all’inizio della partita, ma è pur vero che una bussola si deve seguire. Come si fa a sostenere Grillo, che vuole spazzare il sistema dei partiti, e con esso l’articolo 49 della Costituzione?I tre partiti si metteranno d’accordo? Probabilmente no. Viene in nostro soccorso un colloquio che Ugo La Malfa ebbe con Eugenio Scalfari a Capalbio, in una notte di Capodanno. A Scalfari che gli chiedeva dove volesse portare il PRI (partito di estrema minoranza), Ugo La Malfa rispose che non gli interessavano le sorti del PCI o del PSI o della DC e nemmeno quelle del suo partito; ciò che gli interessava erano le sorti del suo Paese. Questi lillipuziani della politica la smettano di preoccuparsi dei voti che possono guadagnare o perdere in conseguenza di un’alleanza politica ibrida. Pensino invece alle sorti del Paese, che non possono essere quelle della rinegoziazione del debito pubblico, o dei No-Tav  o della decrescita economica per vivere tutti poveri ma felici. Non c’è alternativa all’alleanza, ibrida quanto si vuole ma necessaria. Diversamente la situazione greca sarà per gli italiani un sogno e non un incubo!In questa situazione di stallo non la vincerà chi vorrebbe sfruttare l’opportunità del disastro politico, per tornare al voto a giugno. Ipotesi peregrina, perché tutti sanno che, se si dovesse votare con l’attuale sistema, Grillo travolgerebbe tutti, nessuno escluso.Saremmo alla guerra civile, armata o no, non importa. Vorremmo confidare in Napolitano e, se potessimo dire qualcosa, vorremmo una sua riconferma. Solo lui, dall’alto del suo encomiabile magistero, in questo momento potrebbe indicare, per la guida del Governo, una personalità al di fuori dei partiti, che sia accettata da tutti. In un recente seminario della Fondazione Visentini la figlia Olga, nella sua relazione, così citava il padre: “La politica è determinazione del proprio avvenire, ne consegue che in un sistema democratico che rispetti la libertà è essenziale che il cittadino apprezzi la politica e partecipi in qualche modo ad essa”. E ancora: “E’ facile rimproverare di astrattezza, di ingenuità, di mancanza di ogni aderenza alla realtà quanto sono venuto prospettando” – e continuando: “Altri rischi si pongono altrimenti da quello di una irrimediabile degradazione politica e morale, di una rapida prosecuzione della nostra crisi economica e della conseguente nostra decadenza economica e sociale a quella di fasi illiberali e autoritarie che ad un certo punto possono prendere il sopravvento”.Come si vede, abbiamo poco o nulla da cambiare al pensiero e alla storia repubblicana. Nell’interesse dell’Italia, questa è la proposta che noi possiamo fare, allo stato delle cose: un governo politico delle tre forze, indicato e guidato da un tecnico che, pur nell’ambito dei partiti che lo sostengono, abbia piena e totale libertà di scelta sugli uomini di governo che ne dovranno costituire il Gabinetto.

 

Il Partito

Ho già annunciato che avrei convocato la Commissione Statuto per prendere una determinazione in relazione ad amici iscritti, e sono tanti, che non hanno rinnovato il tesseramento nei termini fissati dallo statuto, benché prorogati di qualche giorno. La Commissione Statuto dovrà trovare il modo di sanare questa situazione, senza che il PRI debba incorrere in azioni di contestazione politica o addirittura giudiziaria. I modi ci sono, basta saperli applicare. Oggi, sempre come preannunciato, dovremo nominare una Commissione per le riforme dello statuto. Con lo statuto vigente è semplicemente ridicolo andare al Congresso, che in via straordinaria sarà convocato dal prossimo Consiglio Nazionale, che dovrà approvare le riforme statutarie proposte. Prima di concludere, cari amici, voglio comunicarvi che con la fine di questa relazione inizia l’ultimo atto, fino al Consiglio Nazionale, della mia vita di Segretario Politico del PRI. Ho lavorato con amore e passione, con tanti sacrifici e amarezze, e pur tuttavia sono infinitamente orgoglioso di aver tenuto in piedi una casa, seppur piccola e diroccata, che era stata bruciata già nel 1994, e la cui fine era stata decretata nel 2001. Ho l’orgoglio smisurato di un repubblicano che non ha mai, ripeto mai, piegato decisioni politiche a interessi personali. Non l’ho fatto nel 1999, quando esclusivamente per l’amicizia che mi legava all’allora Segretario, dopo un periodo in cui avevo pensato solo al mio lavoro, mi fu chiesto di assumere il ruolo di Segretario Organizzativo. In quell’occasione mi fu offerto anche un compenso, come al mio predecessore in quella carica, compenso che ovviamente rifiutai. Pur appoggiando la linea del Segretario Nazionale al Congresso di Bari, e non poteva essere altrimenti visto il ruolo che svolgevo, rifiutai la candidatura alle politiche del 2001, malgrado l’insistenza dell’allora Segretario del PRI e del futuro Presidente del Consiglio. Entrambi non si capacitavano del mio di-sinteresse, che in qualche modo li insospettiva! Qualche mese dopo chiesi fortemente al partito di respingere le dimissioni dell’allora Segretario. In seguito, come ben sapete, fui eletto alla Segreteria, malgrado un’ipotesi iniziale molto diversa. Rinunciai alla nomina di Ministro nel 2005, perché pensavo fosse più utile al PRI che in quel momento quella carica fosse assunta dall’allora Presidente del partito. E l’elenco potrebbe allungarsi fino ad arrivare al rifiuto di sciogliere il PRI nel PDL, come fu proposto in Direzione Nazionale, né tanto meno volli aderire al gruppo parlamentare del PDL. Per questi motivi il Presidente Berlusconi disse a Camerucci: “Apprezzo molto la forza e la determinazione di Nucara, ma non poteva essere Ministro del mio Governo e conservare la sua autonomia”. Ho preferito mantenere l’autonomia del mio partito e ne sono oltremodo orgoglioso, per me e per voi. Il mio percorso di Segretario finirà tra qualche settimana o al massimo tra qualche mese, ma la storia del PRI non finisce qui. Una storia lunga ormai quasi 120 anni, una storia che ha resistito agli imperi e alle monarchie europee, una storia che ha resistito alla monarchia sabauda, una storia che ha resistito al fascismo, una storia che ha resistito al clericalismo. Per tutti questi motivi sono certo che il PRI supererà un momento così difficile per noi e per la nostra Italia.Io però non vi lascio, rallento i miei ritmi, e voi tutti sapete o immaginate anche le ragioni personali che mi spingono a ciò. I repubblicani non sono “merce avariata”, come ha sostenuto qualcuno: sono invece materia di qualità, che va curata. Repubblicano sono stato, sono e sarò fino alla fine dei miei giorni. Sarò sempre con voi, anche da semplice iscritto.